ORARI DI APERTURA

Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono in via Urbino, 18 - Ancona. Per appuntamenti o informazioni potete conotattarci scrivendo a ambasciata@glomeda.org

ITALIA CRESCE, SIAMO PIU' DI 60 MILIONI, IL 6,5% DI POPOLAZIONE E' RAPPRESENTATA DA STRANIERI

Tratto da Ansa
Nel 2008 in Italia viene superata la soglia dei 60 milioni di residenti: un traguardo storico, raggiunto grazie ai 4 milioni di stranieri, che costituiscono il 6,5% della popolazione. E' la fotografia dell'Istat (in base ad "indicatori demografici" ancora però provvisori), che descrive anche un Paese molto longevo, e quindi che invecchia, con donne più propense ad avere figli, ma oltre i 30 anni.
ABBATTUTO IL MURO DEI 60 MLN - La popolazione residente cresce di oltre 434 mila unità, "determinando così lo storico superamento della soglia dei 60 milioni di abitanti al primo gennaio 2009". Sono serviti così 50 anni (dal 1959) per il passaggio della popolazione da 50 a 60 milioni; ne occorsero invece soltanto 33, per passare da 40 a 50. Un risultato che è stato possibile solo grazie all'arrivo degli immigrati. Se infatti la "dinamica naturale", vale a dire la differenza tra nascite e morti, presenta un saldo negativo di 3.700 unità rispetto al 2007, la "dinamica migratoria" ha un saldo positivo di 438mila. Per effetto dei saldi migratori la crescita totale è positiva soprattutto nel nord-est (Emilia Romagna in testa, +14,7 per mille), e del centro, mentre nel Mezzogiorno la crescita totale è inferiore alla media nazionale.
3,9 MLN STRANIERI, 6,5% POPOLAZIONE - Complessivamente, gli stranieri residenti in Italia ammontano a circa 3 milioni 900 mila al primo gennaio 2009, facendo così registrare un incremento di 462 mila unità (una cifra inferiore al saldo migratorio, di cui costituisce solo una voce). Si tratta del 6,5% del totale della popolazione (era il 5,8% nel 2007).
ROMENI I PIU' NUMEROSI - Le cittadinanze straniere più rappresentate sono quella romena (772 mila), albanese (438 mila) e marocchina (401 mila) che, cumulate, costituiscono il 40% delle presenze. La distribuzione degli stranieri sul territorio nazionale è nettamente più elevata nelle regioni del nord dove risiede il 62% degli stranieri (23% nella sola Lombardia), contro il 25% di residenti del centro e il 12% del mezzogiorno.
AUMENTANO LE CICOGNE, MAMME A 31,5 ANNI - Nel 2008, secondo le stime dell'Istat, sono nati 12mila bambini in più rispetto al 2007. Le nascite sono state 576 mila, per un tasso di natalità pari a 9,6 per mille residenti. L'incremento, secondo l'Istat, è legato essenzialmente a due fattori: il contributo alla natalità delle madri straniere - 88 mila nascite, pari al 15,3% del totale - e il "recupero di natalità delle madri di cittadinanza italiana", che hanno spostato in avanti il calendario riproduttivo a 31,5 anni (1,7 in più rispetto al 1995). Il numero medio di figli per donna è pari a 1,41 (2,12 per le sole donne straniere): un record, dopo il minimo storico nazionale toccato nel 1995, quando la media fu di appena 1,19 figli per donna. L'incremento della fecondità nel periodo 1995-2008 si concentra prevalentemente nel centro-nord.
ITALIANI PIU' VECCHI, ETA' MEDIA 43,1 ANNI - "L'eccezionale longevità degli italiani" è la causa dell'invecchiamento della popolazione: al primo gennaio 2009, rileva l'Istat, "gli individui con 65 anni e oltre rappresentano il 20,1% della popolazione (erano il 17,8% nel 1999), mentre i minorenni sono soltanto il 17% (17,6% nel 1999)". I residenti in Italia hanno in media 43,1 anni, circa 2 in più rispetto a dieci anni prima. La stima della speranza di vita alla nascita è pari a 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 anni per le donne: una differenza di 5,3 anni, in calo continuo dal 1979, quando erano 6,9. Gli stranieri hanno un'età media di soli 31,2 anni e sono sempre più "tappabuchi" dei vuoti generazionali lasciati dagli italiani. Le aree più longeve nel 2008 sono, per gli uomini, le Marche (79,6 anni) e per le donne la Provincia autonoma di Bolzano (85,2 anni).
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Cie: Intervista di MeltingPot Europa all'avvocato Paolo Cognini

Dopo il prolungamento dei tempi di detenzione nei Cie il governo tentenna a rendere pubblica la lista dei siti individuati per la realizzazione dei nuovi centri di detenzione annunciata ormai da mesi che dovrebbe portare la capienza complessiva delle strutture dai circa 1.200 posti attuali a quasi il quadruplo. Se da un lato la crisi propone il tema delle migrazioni come facile terreno sul quale individuare la figura del nemico pubblico, dall’altro, lo stesso scenario, propone esperienze di difesa del futuro dei territori e di rifiuto di trasformare gli stessi in grandi prigioni come ha evidenziato la battaglia degli abitanti di Lampedusa. Già nei giorni scorsi la Regione Marche, con un comunicato diffuso dalla Giunta regionale, ha annunciato di non voler accettare la costruzione di un Cie a Falconara.

Con l’Avv. Paolo Cognini, dell’Ambasciata dei Diritti delle Marche abbiamo discusso di nuovi Cie, di resistenze delle comunità e degli enti locali, e delle nuove norme proposte e approvate da parte del Governo in tema di sicurezza.

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NO ai CIE - Comunicato Stampa

Le lotte contro i CPT sono state dal 1998 ad oggi al centro delle istanze dei movimenti, della società civile e degli stessi migranti.

Perché non si deve costruire un CIE a Falconara:

1. Dietro questa sigla, prima CPT (centro di permanenza temporanea) ora CIE (centro di identificazione ed espulsione) si nascondono vere e proprie carceri per migranti che prevedono la detenzione fino a sei mesi. Vi vengono rinchiuse persone che fuggono dalla propria casa per povertà, guerra o persecuzione sognando un mondo migliore…però perché privi di un pezzo di carta, invece di essere accolti ed aiutati, in Italia trovano paura, disperazione e un biglietto di sola andata per l’inferno da cui sono fuggite.
2. Sono luoghi dove i diritti umani fondamentali non vengono rispettati, dove la detenzione amministrativa crea uno status giuridico arbitrario. Dove la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo viene costantemente e sistematicamente violata. Dove gli individui sono sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti.
3. Sono strutture razziste che rimandano alla memoria dei ghetti nazisti. Dove la privazione di libertà, giustizia e dignità porta ad atti di barbarie che offendono le coscienze non solo di tutti quelli che vi sono imprigionati, ma anche di chi crede nella fratellanza, nell’accoglienza e nella solidarietà.
4. Non portano sicurezza anzi destabilizzano i territori ove vengono creati. Nelle città che incoscientemente hanno accettato di ospitare queste carceri sono frequenti fughe disperate che spesso portano a incidenti e alla morte dei migranti. A dieci anni dalla loro istituzione assistiamo finalmente sempre più spesso ad atti di resistenza da parte delle popolazioni locali che non si oppongono più solo verbalmente, ma che sono disposte a lottare per far chiudere questi lager.
5. La Corte dei Conti evidenzia come il costo di tali strutture sia eccessivo, in alcuni centri si arriva a pagare novanta euro al giorno per ogni detenuto per offrire, 2 pasti al giorno, uno spazio a terra per dormire e una condizione igienico sanitaria da terzo mondo. Cifre che vanno nelle tasche delle organizzazioni che gestiscono i centri e che sono complici della violazione dei diritti umani. I gestori di tali strutture ricevono dallo stato diversi milioni di euro all'anno (circa cinque milioni per ogni centro) il loro unico interesse è il business e non certo la tutela dei diritti. Gli stessi fondi destinati ad una politica di accoglienza seria produrrebbe molti più risultati e contrasterebbe la paura del diverso.
6. La regione Marche è presa come modello a livello internazionale per la capacità che ha dimostrato nel gestire il fenomeno migratorio. La fitta rete relazionale composta da associazioni sia laiche che religiose, ha creato un tessuto sociale che da solo si è già dato gli strumenti per la gestione di quello che non è un problema, ma una ricchezza culturale e sociale. Tutto il lavoro fatto fino ad oggi rischia di essere distrutto dalla presenza di un centro detentivo nel nostro territorio.

Per tutti questi motivi chiediamo che il Prefetto non autorizzi la realizzazione di un carcere per migranti in un territorio dove nessuno lo vuole. Anzi l’unico resosi disponibile è solo il sindaco di Falconara che ha già dimostrato di essere disponibile a vendere qualsiasi cosa pur di riempire le casse comunali.
Invitiamo pertanto tutti quelli che per i più diversi motivi sono contrari al CIE ad esprimersi nei modi e nelle forme che più ritengono opportuni, a compiere azioni di sabotaggio anche simboliche che impediscano la creazione di questo carcere.

AMBASCIATA DEI DIRITTI – ANCONA
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Anche la Provincia prende posizione contro il CIE

CIE A FALCONARA: " UN ATTACCO ALLA CULTURA DEMOCRATICA"
Nella seduta di martedì 24 febbraio, la giunta provinciale di Ancona ha approvato all'unanimità un ordine del giorno contro la possibile localizzazione di un centro per l'identificazione ed espulsione di cittadini stranieri a Falconara. Il documento è stato già trasmesso al ministero dell'Interno, alla Regione Marche e al Comune di Falconara.
"Abbiamo voluto assumere collegialmente una posizione forte contro questa eventualità - spiega la presidente Patrizia Casagrande - coerentemente con le scelte che hanno caratterizzato l'operato della Provincia di Ancona e il contributo dato da questo ente al più ampio dibattito regionale e nazionale sui temi dell'immigrazione e, ancor di più, dei diritti".
Secondo la presidente, "la normativa che regola i Cie, introducendo il concetto della presunzione di reato, lede il principio garantista del nostro ordinamento giuridico e apre le porte a pericolosissime forme di discriminazione".
"Purtroppo - aggiunge - la guerra dichiarata dal governo alla clandestinità sta conseguendo un unico obiettivo, quello dell'imbarbarimento giuridico e sociale, con il rischio di ricadute pesanti sul terreno della pacifica convivenza, come dimostra l'approvazione della norma che prevede la possibilità per i medici di denunciare gli immigrati irregolari e l'istituzionalizzazione delle ronde".
"La Provincia di Ancona - conclude la presidente Casagrande - si opporrà in tutte le sedi e, se necessario, darà il proprio contributo alla costruzione di un fronte istituzionale con gli enti sovra ordinati, che respinga questo attacco alla cultura democratica dell'accoglienza e della solidarietà, costruita con pazienza, impegno e fatica per lunghi anni, che oggi rischia di essere cancellata con un colpo di spugna da provvedimenti che, peraltro, per dimensioni e tasso di criminalità, non hanno alcuna ragione di esistere in un territorio come il nostro".
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CENTRO DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE A FALCONARA, INTERVIENE L’ASSESSORE AMAGLIANI

STRUTTURE LESIVE DEI DIRITTI UNIVERSALI DELLE PERSONE
Sulla possibilità di costruzione di un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) per i cittadini immigrati, (gli ex CPT, Centri di Permanenza Temporanea) la nostra è una posizione chiara, coerente e motivata da ben cinque anni. Vale a dire in tempi non sospetti”. Esordisce così l’assessore regionale all’immigrazione e servizi sociali, Marco Amagliani intervenendo nel dibattito che si è aperto quando il Governo ha individuato Falconara come sito idoneo per la realizzazione di un Centro di Identificazione ed Espulsione per immigrati.
Il Consiglio regionale delle Marche – prosegue Amagliani - in una mozione approvata nella scorsa legislatura le considerava già strutture lesive dei diritti universali delle persone, in primo luogo della libertà personale. Lo stesso Consiglio regionale si dichiarava indisponibile alla costruzione e alla presenza sul proprio territorio di Centri di permanenza Temporanei. La stessa mozione impegnava la Giunta regionale ad operare in tutte le sedi, affinché in nessun luogo del territorio regionale tali strutture potessero essere realizzate o attivate. Ed è con questo stesso spirito e volontà che ho partecipato, in rappresentanza della Regione Marche, al forum Mare aperto, idee per aprire le frontiere e chiudere i CPT tenutosi a Bari nel luglio del 2005. Dal forum – ricorda Amagliani – è uscito un documento finale in cui le 14 Regioni presenti si sono impegnate ad affrontare il tema dell’immigrazione con umanità e giustizia, consapevoli che quella del clandestino è una condizione e non un reato, che va combattuta cioè la clandestinità e non la persona.L'immigrazione non può essere affrontata come una questione di “ordine pubblico”, spesso affidata alla disciplina di legislazioni emergenziali. Si tratta invece di affrontare con realismo e cioè nel pieno rispetto delle Leggi, le grandi problematiche dell’accoglienza, dell’inclusione, dell’interculturalità. Tutti coloro che vivono, lavorano o cercano lavoro onestamente nelle Marche sono e devono essere considerati cittadini.Tale posizione, oltre ad essere la più efficace dal punto di vista politico, è la più rispettosa dei diritti umani come dimostrato dal rapporto del CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) che, proprio in questi giorni, colloca le Marche al primo posto in assoluto per l’inserimento sociale degli immigrati. Il CNEL attraverso alcuni indicatori statistici, ha preso in esame il potenziale di inserimento socio-occupazionale dei territori. Gli indicatori sono divisi in tre categorie: inserimento sociale, inserimento occupazionale e attrattività dei territori. Dunque considerando in particolare l’inserimento sociale, casa, scuola, naturalizzazione, ricongiungimenti familiari – le Marche sono in testa alla graduatoria assoluta, cioè basata sui dati della sola popolazione immigrata.
Già nel 2005, dunque - conclude Amagliani - le Regioni chiedevano al Governo il superamento dei CPT e l’istituzione di un tavolo di confronto per definire risposte alternative che tutelino i diritti e promuovano la sicurezza sociale. Perché i CPT hanno sostanzialmente attratto l’intera materia dentro un quadro di mera regolamentazione repressiva, fondandosi su un’idea di ‘detenzione amministrativa’ ed oggi ancor più repressiva perché si fonda sulla presunzione di reato, che è addirittura incostituzionale. Occorre invece sciogliere i nodi spinosi della clandestinità e non colpire le singole persone che nella maggior parte dei casi sono le vere vittime della clandestinità. Anche per questi motivi e per rafforzare ulteriormente la nostra contrarietà a tali centri, abbiamo inserito un’apposita norma nella proposta di legge di aggiornamento dell’attuale legge regionale n. 2 del 98 “Interventi a sostegno degli Immigrati”, che andrà già nei prossimi giorni in Consiglio regionale, perché siano stabiliti con legge i contenuti della mozione approvata dal consiglio regionale sul netto rifiuto alla costruzione dei CIE sul territorio marchigiano”.
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CIE Falconara - Comunicato Stampa Csa Kontatto

Sono più di sei mesi, dalla scorsa estate, che il governo Berlusconi, con la complicità dell'Amministrazione locale di destra Brandoni,preparano il terreno per l'istituzione di un CPT a Falconara (centro di detenzione ed espulsione per immigrati, cui oggi hanno dovuto aggiornarela sigla in CIE, viste le polemiche a quasi dieci anni dalla lorodiscussa e travagliata costituzione), ennesimo scempio e monumento al degrado cittadino.
Ora per applicare l'ultima e aggiornata versione del Pacchetto sicurezza, falsa panacea per tutti i mali nazionali, hanno deciso che Falconara debba diventare la nuova Lampedusa dell'Adriatico, centro di detenzione, smistamento e gestione degli immigrati, in realtà luogo di carcerazione arbitraria all'interno del quale si ripetono sistematicheviolazioni dei diritti umani.
Secondo Berlusconi e Brandoni la miglior ricetta per risolvere il problema sicurezza, in Italia come a Falconara, sono le ronde di Alleanza Nazionale e i CPT: non bastava il calo demografico e la fuga dalla città dei falconaresi, non bastano le megacentrali API, nè il dissesto finanziario, o il giro di vite sul tessuto associativo con i nuovi regolamenti, nè le fantasiose ordinanze "antisbandati" che reprimono gli ultimi scampoli di libertà, vita cittadina, e commercio locale.
Con il CPT e la conseguenziale militarizzazione del territorio che comporta, i fatti di disordine pubblico mostratici su tutte le televisioni dai recenti fatti di Lampedusa saranno la norma e il futuro che la destra vorrebbe imporre alla nostra Città.
Ma se a Lampedusa è stata la stessa Amministrazione, e l'intera cittadinanza, a rigettare, insieme agli immigrati, il destino imposto di "carcere a cielo aperto" e "frontiera di polizia" che comprime e soffoca le libertà di tutti, Falconara può essere disposta ad accettare il ruolo di pattumiera di ogni questione ambientale e sociale, reale o inventata, o dettata dalle politiche securitarie governative?
Né qui, né altrove: i cpt, come le leggi "sicuritarie" alla Bossi Fini non solo non servono, ma peggiorano le problematiche dell'immigrazione.
In quasi un decennio hanno solo prodotto maggiore clandestinità , più lavoro nero e precario (non solo per i migranti, ma per tutti...), complicato gli istituti di regolarizzazione e integrazione, e soprattutto hanno diffuso la paura e l'incertezza, l'arbitrio e la legge del più forte come regola. Sono loro i principali responsabili del degrado, della mancanza di sicurezza, della precarizzazione del lavoro e della vita, della devastazione ambientale.
Ciò di cui Falconara ha bisogno è invece una riqualificazione del territorio, tramite politiche di coesione ed inclusione culturale, la garanzia di servizi sociali, sanitari, abitativi e l'incentivo delle forme di solidarietà sociale ed impresa locale, a prescindere dal 'colore della pelle' di chi le esercita.
Non una sicurezza ideologica ed interessata a dividere e disgregare il tessuto sociale, ma una sicurezza che unisca, tuteli il territorio e quanti abitano, vivono, lavorano a Falconara.
Il degrado di Falconara colpisce tutti: cittadini, commercianti, artigiani, operatori turistici.
A Falconara e nelle Marche, come in molte altre località e regioni, non c'è posto per i cpt perchè non ne abbiamo bisogno e non li vogliamo, perchè sono il frutto di una cultura e di una politica che non appartiene e che anzi minaccia le nostre comunità.
Da mesi Brandoni ripete che si piegherà anche a questa ennesima decisione dall'alto, contribuendo così al degrado di una Città dormitorio e luogo di concentrazione delle criticità industriali, ambientali, sociali delle Marche.
Mercoledì prossimo il Governo inserirà ufficialmente Falconara nella lista delle nuove località costrette ad ospitare questi nuovi centri di violenza e detenzione per i migranti.
Per questo è necessario che tutte le associazione e i singoli cittadini che operano nell'ambito della solidarietà sociale, della promozione dei diritti e della qualità della vita cittadine, convergano in un momento assembleare di discussione e scambio di esperienze, per scongiurare questo ennesimo scempio verso la nostro martoriata Falconara!
Per questo continueremo questa campagna di denuncia e rigetto dei cpt e delle leggi sicuritarie, per i diritti e la sicurezza di tutti, per la difesa e l'autonomia delle comunità marchigiane dai rigurgiti di odio e intolleranza che qualcuno vorrebbe importare, che qui non troveranno cittadinanza.

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Centro immigrati a Falconara

Corriere Adriatico 23.02.2009
Nazionale
Nuovi centri per i clandestini
Mercoledì la decisione del Governo: a Falconara una delle sedi
Dopo un mese di stop sono ripresi i viaggi delle carrette del mare nello stretto di Sicilia: due imbarcazioni con oltre 400 clandestini sono state intercettate a Sud e a Nord di Lampedusa.
La ripresa degli sbarchi è un segnale chiaro da parte dei trafficanti di uomini, che non sembrano intenzionati a fermare il business, nonostante la stretta voluta dal ministro dell’interno Roberto Maroni con la decisione di rimpatriare direttamente da Lampedusa gli immigrati e di prolungare da due a sei mesi il tempo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione.
Al Viminale si sta mettendo a punto la lista definitiva dei siti dove verranno costruiti i nuovi Cie. Un primo elenco è stato consegnato al ministro Maroni già da alcuni mesi dal capo del Dipartimento delle libertà civili e immigrazione, il prefetto Mario Morcone, ed un primo screening è già stato fatto visto che la lista, da una ventina di siti possibili, è scesa a 8-9. Si tratta nella maggior parte dei casi di terreni (solo in alcuni vi sono delle strutture, hangar o ex caserme in disuso, che vanno completamente ristrutturate) in quelle regioni dove non vi sono Cie e vicini agli aeroporti: nel Veneto, in provincia di Verona e di Venezia, in Toscana, nei pressi di Campi Bisenzio a Firenze e a Grosseto, in Umbria, a Terni, in Abruzzo, a Vasto in provincia di Chieti, nelle Marche, a Falconara, e in Campania, in provincia di Caserta.
Si tratterà ora di scegliere a quali dare la priorità, visto che per attrezzare un Centro in grado di ospitare almeno duecento immigrati (l'obiettivo è di avere a disposizione almeno 1.600 nuovi posti) occorrerà almeno un anno. Ma non è escluso che nel corso della riunione di mercoledì si prenda in considerazione anche un’altra strada, in attesa di avere le nuove strutture a disposizione: trasformare alcuni Centri di accoglienza in Cie. E’ quello che è già stato fatto per Lampedusa ed è quello che potrebbe accadere, ad esempio, alla struttura di Cagliari Elmas.
Cronaca Falconara
L’area vicino all’aeroporto ha i requisiti in lineaIl sindaco non si opporrà “Discuteremo le ricadute”
Mercoledì potrebbe arrivare la conferma. Brandoni: “Non sapevo nulla”
Mercoledì arriverà la conferma ufficiale, ma ormai è quasi certo: Falconara ospiterà il Cie – centro identificazione ed espulsione della regione Marche. Il sindaco Brandoni cade, quasi, dalle nuvole, ma assicura che non protesterà. “Non sapevo niente – dice – non mi ha chiamato nessuno, ma domattina [oggi n.d.r.] telefonerò al prefetto D’Onofrio per capire quello che sta succedendo”. All’oscuro delle decisioni più recenti, il primo cittadino però era stato avvisato di sopralluoghi (effettuati da ispettori ministeriali) avvenuti ad alcuni edifici di proprietà demaniale nella zona di via del Fossatello non lontano dall’ex aeroporto militare.
“Il Prefetto – spiega – me l’ha fatto sapere dopo, ad ogni modo l’amministrazione comunale che rappresento si rimetterà alle decisioni del governo. Niente barricate, tanto se i Cie devono esserci li dovrà pur prendere qualcuno nel suo territorio, è inutile fare storie. E se Falconara è la sede idonea va bene così, d’altronde il nostro territorio è al centro delle Marche e prossimo a tutte le grandi vie di comunicazione”.
La nuova partita del governo, infatti, si gioca sui Cie, i centri di identificazione ed espulsione, che bisognerà rendere disponibili per applicare il decreto sicurezza. La scelta di prolungare il tempo di permanenza dei clandestini da due a sei mesi rende infatti necessario poter contare su altre strutture, visto che a disposizione ci sono appena 1.200 posti. Le trattative con gli enti locali sono state avviate da tempo e alcuni governatori hanno manifestato la propria contrarietà ad accogliere gli stranieri irregolari. Ma di fronte a queste resistenze il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha già fatto sapere che non ci sarà alcuna marcia indietro: “Procederemo all'apertura e non tollereremo alcun episodio di violenza come quelli accaduti a Lampedusa”.
Da Falconara, invece, nessuna protesta, al massimo Brandoni pensa di chiedere “un tavolo per discutere la questione” e capire bene come verrà organizzata la struttura e se quali saranno le ricadute (in negativo ed in positivo) nella realtà locale. “Visto che comunque non c’è possibilità di scegliere – prosegue il Sindaco – mi auguro però che ci sia una contropartita per la città, non dico soldi, ma almeno opere, vista la situazione in cui versano le finanze del Comune”. La lista definitiva dei Cie sarà stilata mercoledì, durante la verifica dell'attuazione della legge Bossi-Fini. Ma numerosi sopralluoghi sono già stati effettuati e al Viminale sembrano avere le idee chiare su quali potrebbero essere gli edifici da ristrutturare per far sì — come ha spiegato due giorni fa il sottosegretario Alfredo Mantovano — “che entro sei mesi siano a disposizione”. Lontani dai centri abitati, vicini a un aeroporto e — possibilmente — a un reparto mobile della polizia: sono queste le caratteristiche che dovranno avere i Centri e quello di Falconara si troverebbe proprio a due passi dal “Raffaello Sanzio”.
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Prolungati i tempi di detenzione nei Cie

Nel nuovo decreto recante misure urgenti in materia di pubblica sicurezza, quello emanato sull’onda delle ricorrenti notizie di violenze sessuali delle ultime settimane, il Consiglio dei Ministri ha pensato di inserire anche un articolo, tra i tredici che lo compongono, che prolunga i tempi la detenzione all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione, dai 60 giorni previsti, a ben sei mesi.
La norma, contenuta nella sua formulazione originaria nel disegno di legge 733, il pacchetto sicurezza, era stata bocciata nella discussione al Senato. Il testo discusso prevedeva tempi di detenzione fino a 18 mesi.
Difficile immaginare di far passare per decreto ciò che l’aula del Senato aveva già bocciato. Ecco quindi la nuova formulazione che dispone il trattenimento per sei mesi. Un’eternità pensando che chi è detenuto nei Cie subisce una restrizione della libertà personale senza che vi sia stato un processo e per il solo fatto di aver violato una norma che ancora rappresenta una violazione amministrativa (anche se il pacchetto sicurezza prevede l’introduzione del reato penale sanzionabile con una ammenda da 5mila a 10mila euro).
SCHEDA PACCHETTO SICUREZZA
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Rivolta a Lampedusa, brucia il Cpt

tratto da repubblica
LAMPEDUSA - Giornata di guerriglia nel Cpt di Lampedusa tra gruppi di immigrati e polizia. Il centro è stato dato alle fiamme e negli incidenti sono rimaste ferite cinquanta persone fra agenti ed extracomunitari. L' incendio ha provocato una nube tossica che ha coperto il centro abitato dell' isola. Il sindaco De Rubeis: «Maroni non ha fatto nulla e abbiamo assistito a un episodio drammatico che poteva trasformarsi in tragedia»
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Le Carceri marchigiane strabordano

Tratto dal resto del Carlino
Ancona, 13 febbraio 2009 - Le carceri marchigiane strabordano. E la preoccupante denuncia arriva da Aldo Di Giacomo, consigliere nazionale del Sappe che parla di una "situazione catastrofica". Dati alla mano i detenuti delle carceri marchigiane sono 1.025 quando la capienza regolamentare si ferma a 755 unità. I detenuti sono quindi 270 in più rispetto alla norma, pari al 36%.

In particolare gli istituti di Pesaro e Ancona soffrono di una "grave carenza organica: infatti Pesaro ha 41 unità in meno e Ancona ben 61. E’ evidente - come sottolinea Di Giacomo - che con questi numeri la gestione diventa assolutamente complessa’’.

Nello specifico, nel capoluogo i detenuti sono 313 a fronte di una capienza regolamentare di 172, gli stranieri sono 158 pari al 50,4%, gli imputati sono 184, i condannati 128. Ad Ascoli Piceno, 116 detenuti presenti, 103 regolamentari, gli stranieri sono 25 (22%), gli imputati sono 64, i condannati 52. A Camerino, 41 i detenuti presenti contro i 33 ospitabili, gli stranieri sono 30 (73%), gli imputati 29, i condannati 12. Sitazione analoga a Fermo, con detenuti 67 presenti, 36 regolamentari. Qui gli stranieri sono 35 (52%), gli imputati 7, i condannati 60. Controtendenza Fossombrone dove i presenti sono 168 contro i 186 regolamentari, 24 gli stranieri (15%), 14 gli imputati, 154 i condannati. Ultima nella lista Pesaro con 291 carcerati dove la capienza regolamentare è di 201. Gli stranieri sono ben 132, di cui 10 donne, pari al 46%, gli imputati 163, i condannati 125.

"Il 18 febbraio - annuncia Di Giacomo - incontrerà il provveditore regionale, al quale chiederò interventi concreti alla risoluzione dei problemi, in caso contrario continueremo nelle proteste. Nelle ultime settimane gli episodi di aggressione nei confronti degli agenti sono aumentati: la situazione è insostenibile’’.

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Famiglia Cristiana: l'opposizione al testo di legge 733

Il soffio ringhioso di una politica miope e xenofoba, che spira nelle osterie padane, è stato sdoganato nell'aula del Senato della Repubblica. E dire che Beppe Pisanu, ex ministro dell'Interno con la schiena dritta, aveva messo in guardia circa quella brama di menare le mani, già colpevole attorno ai tavoli del bar.
Nessuno ha colto il suo grido d'allarme e l'Italia precipita, unico Paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali, con medici invitati a fare la spia e denunciare i clandestini (col rischio che qualcuno muoia per strada o diffonda epidemie), cittadini che si organizzano in associazioni paramilitari, al pari dei "Bravi" di don Rodrigo, registri per i barboni, prigionieri virtuali solo perchè poveri estremi, permesso di soggiorno a punti e costosissimo.
La "cattiveria", invocata dal ministro Maroni, è diventata politica di Governo, trasformata in legge. Così, questo Paese, già abbastanza "cattivo" con i più deboli, lo diventerà ancora di più: si è varcato il limite che distingue il rigore della legge dall'accanimento persecutorio. Il ricatto della Lega, di cui sono succubi maggioranza e presidente del Consiglio, mette a rischio lo Stato di diritto. La fantasia del "cattivismo" padano fa strame dei diritti di uomini, donne e bambini venuti nel nostro Paese in fuga da fame, guerre, carestie, in attesa di un permesso di soggiorno (a margine: che credibilità ha il progetto di un'Italia federalista in mano alla Lega?).
Eppure, nessuna indignazione da parte dei cattolici della maggioranza, nessun sussulto di dignità in nome del Vangelo: peccano di omissione e continuano a ingoiare "rospi" padani senza battere ciglio, ignari della dottrina sociale della Chiesa. La sicurezza è solo un alibi per norme inutili e dannose, per scaricare il malessere del Paese sugli immigrati, capro espiatorio della crisi.
Il circo politico ha dato prova, nei giorni scorsi, di manifesta incoerenza morale. Una parte si batte, giustamente, per Eluana ma, al tempo stesso, approva agghiaccianti leggi discriminatorie. L'altra si batte per gli immigrati, ma promuove una cultura di morte. La tutela della vita e della dignità di ogni essere umano va assunta nella sua interezza, così come la dottrina sociale della Chiesa vale per la vita nascente, per quella che si spegne o si vuole spegnere, ma anche per gli immigrati, i barboni e tutti i poveracci ai margini della società.
L'ignobile "cattivismo" leghista ha fatto scattare la maggioranza sull'attenti e oggi il Paese adotta un diritto speciale (indegno di una democrazia) che discrimina tra cittadini (gli italiani) e non-cittadini (gli extracomunitari). La Chiesa non ci sta; gli Ordini dei medici protestano e fanno sapere che non faranno i delatori; la Polizia, delegittimata, non accetta il Far west delle ronde e della giustizia "fai da te": Quel provvedimento, dicono, rischia di legittimare azioni incontrollabili di squadracce di esaltati.
La Lega, invece, esulta. Finalmente, il "bastone padano", evocato da Borghezio nel 1999, oggi è strumento d'ordine autorizzato dal Parlamento. Allora in molti sorridevano e liquidavano i desideri dei "volontari verdi" come chiacchiere. Appunto, da osteria. Le cose, purtroppo, sono andate diversamente.
L'Italia più che di cattiveria ha bisogno di serietà e leggi giuste per affrontare la grave crisi economica, che è il vero problema delle famiglie. Altro che implementare il "fondo rimpatri" per stranieri! Presentando il "Fondo famiglia lavoro", il cardinale Tettamanzi ha detto: "La solidarietà si realizza attraverso il rifiuto di qualsiasi discriminazione".
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MSF: l'emendamento approvato mina il diritto alla salute per gli immigrati irregolari

Medici Senza Frontiere (MSF), esprime profonda preoccupazione e allarme per le conseguenze dell’approvazione dell’emendamento 39.306 presentato in sede di esame del DDL 733 che ha avuto luogo oggi nell’Assemblea del Senato.

Il suddetto comma 5 prevedeva che “l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.

L’ambiguità conseguente a tale abrogazione e, di conseguenza, il concreto rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria creerà nell’immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche, una reazione di paura e diffidenza in grado di ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie. Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa “marginalizzazione sanitaria” di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio.

"Siamo sconcertati per la scelta del Senato di avere consapevolmente ignorato il grido di allarme lanciato dagli ordini professionali di medici, infermieri e ostetriche e da centinaia di associazioni e rappresentanti della società civile", dichiara Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia. "Una scelta che sancisce la caduta del principio del segreto professionale per il personale sanitario volto a tutelare il paziente come essere umano indipendentemente da ogni altra considerazione".

MSF, promotrice insieme a SIMM, ASGI e OISG della campagna "Siamo medici e infermieri - Non siamo spie", si appella ora alla Camera dei Deputati perché riveda la posizione assunta dal Senato sul comma 5.

MSF lavora in Italia dal 2003 per fornire accesso alle cure e assistenza medica agli immigrati. In collaborazione con le ASL locali ha gestito 35 ambulatori per stranieri irregolari e ha curato 18mila pazienti.
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DDL SICUREZZA - I medici potranno denunciare i clandestini

I medici potranno denunciare all'autorità giudiziarie gli immigrati clandestini. Le persone senza fissa dimora saranno schedate. La tassa per il permesso di soggiorno è fissata da 80 a 200 euro. Autorizzate inoltre le "ronde padane" ma non armate. Dopo che il governo ieri è stato battuto tre volte sulla stretta sui centri di permanenza e sui ricongiungimenti familiari, oggi il Senato è andato avanti rapidamente nelle votazioni degli ultimi dei 55 articoli del ddl sicurezza. A cominciare dall'emendamento della Lega che cancella la norma per cui il medico non deve denunciare lo straniero che si rivolge a strutture sanitarie pubbliche.
Carcere e tassa permesso di soggiorno. L'emendamento oltre a dare la possibilità ai medici di denunciare i clandestini che si rivolgono per cure alle strutture sanitarie pubbliche, prevede il carcere fino a quattro anni per i clandestini che rimangono sul territorio nazionale nonostante l'espulsione e fissa da 80 a 200 euro la tassa per il permesso di soggiorno.
Nasce il registro dei clochard. I clochard che vivono in Italia dovranno essere iscritti in un registro nazionale che verrà istituito presso il ministero dell'Interno. L'Aula di palazzo Madama ha approvato l'articolo 44 del ddl sicurezza che prevede la schedatura dei senza fissa dimora da avviare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge.
Sì alle "ronde padane". Il Senato ha approvato l'art. 46 del ddl sicurezza che istituzionalizza le cosiddette "ronde padane". Nella norma si prevede, infatti, che gli enti locali saranno "legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio ambientale".
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Al senato il disegno di legge 733

L'Assemblea del Senato ha proseguito l'esame degli articoli e degli emendamenti al ddl n. 733 recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Approvato l'articolo 36 che interviene sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, nonché sul testo unico in materia di immigrazione. In particolare, al fine di poter fissare la residenza si prevede una rigorosa procedura di verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile. Successivamente sono stati approvati l'articolo 37 volto a reprimere l'utilizzazione delle agenzie per il trasferimento di fondi (money transfer) per la movimentazione di risorse appartenenti alla criminalità organizzata o a organizzazioni di carattere terroristico e l'articolo 38 che inasprisce la normativa in materia di lotta alle operazioni di riciclaggio, incrementando poteri e compiti delle autorità preposte al controllo e alla repressione.

L'articolo 39 è stato oggetto di acceso dibattito, giacché le opposizioni hanno contestato la compatibilità di molte delle misure in esso contenute con i precetti costituzionali e i principi di civiltà giuridica cui si conforma l'ordinamento giuridico. L'articolo modifica il testo unico sull'immigrazione, inasprendo le norme sulle condizioni di ingresso nel territorio dello Stato e la concessione del permesso di soggiorno, introducendo una sanzione per chi si rifiuti di esibire i documenti di identificazione attestanti la regolare presenza nel territorio dello Stato e introducendo per i soggiornanti di lungo periodo l'obbligo del superamento di un test di conoscenza della lingua italiana; vengono inoltre introdotte misure più restrittive relativamente al soggiorno del cittadino straniero e modificate le norme che avevano introdotto il reato di permanenza illegale nel territorio dello Stato, nonché, in senso più restrittivo, le disposizioni concernenti i minori affidati che abbiano compiuto la maggiore età. Nel corso dell'esame, l'articolo è stato modificato in virtù di emendamenti presentati dal Governo e dai relatori, ma anche a seguito dell'approvazione di emendamenti presentati dall'opposizione che sono risultati approvati a scrutinio segreto e che hanno soppresso alcune norme restrittive in materia di ricongiungimenti familiari, di centri di permanenza temporanea, di espulsione e di respingimento. Il seguito dell'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 39 è stata rinviata ad altra seduta.

Parere contrario invece sul prolungamento dei tempi di detenzione fino a diciotto mesi e sui comma I ed N che prevedevano la modifica dell’art. 9 del Testo Unico sull’immigrazione, con la richiesta di cinque anni di soggiorno legale anche per i familiari a carico ai quali si vuole estendere il diritto ad ottenere un permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo e altre disposizioni relative alla violazione del diritto d’autore.

Giovedì 5 febbraio è in calendario la discussione sulla non segnalazione di irregolari da parte del personale medico.

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STUDIO EPIDEMIOLOGICO SU PERSONE CHE VIVONO IN PROSSIMITA' DELL'API

COMUNICATO STAMPA Assemblea Permantente NO CENTRALI API
Venerdì 30 gennaio 2009 sono stati consegnati alla Regione Marche i risultati definitivi relativi alla prima parte dello studio epidemiologico, riguardante i casi di decesso per tumori del sistema emolinfopoietico nei comuni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano nel decennio 1994 – 2003.
L’indagine sanitaria, condotta dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano in collaborazione con l’ARPAM, ha studiato i rischi relativi alla comparsa di leucemie e linfomi in relazione ai tempi di permanenza delle persone in prossimità della raffineria API partendo da una ipotesi basata su informazioni note: dalle raffinerie vengono emessi gas, ed in particolare il benzolo che è un noto cancerogeno. Nel Rapporto consegnato il 30 Gennaio 2009, si è ulteriormente approfondita la tendenza di maggior rischio di mortalità sulla componente femminile, consentendo di individuare dati statisticamente significativi per il sottogruppo di popolazione che per più tempo – ad esempio 10 anni – è stato costretto dalle condizioni di vita e lavorative a stare in casa (casalinghe, disoccupati in genere, pensionati). In sintesi si è stabilito che chi più risiede in modo stanziale nelle vicinanze della raffineria più è esposto al rischio di mortalità per leucemie; per questo sottogruppo di popolazione quindi, non si parla più solo di un rischio certo da quantificare bensì di un dato anche statisticamente significativo. Per questo il dottor Micheli dell’Ist. Naz. Tumori e gli epidemiologi dell’ARPAM hanno ritenuto di poter concludere che “occorre ridurre l’entità dell’esposizione al rischio presente su questa area e garantire la sorveglianza ambientale e sanitaria nel tempo”. Alla luce di tutto ciò i cittadini riuniti in Assemblea Permanente NO CENTRALI API convocano il prossimo incontro per Giovedì 5 febbraio alle ore 21:30 presso il Centro Pergoli a Falconara Marittima.Occorre far si che le istituzioni e gli organismi sanitari regionali e provinciali facciano uno sforzo collettivo per capire che in questa area è successo qualcosa di grave e si attivino affinché si concretizzi un serio e tempestivo piano di riduzione delle emissioni inquinanti che oggi gravano su Falconara ed i comuni limitrofi.
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Lampedusa, incendio nell'ex base militare paura per cento donne immigrate

TRATTO DA REPUBBLICA
Le extracomunitarie erano state trasferite perchè il centro principale è sovraffollato ma la struttura non ha certificato di agibilità e sicurezza. Non ci sarebbero feriti

LAMPEDUSA -
Un incendio è scoppiato questa notte poco prima dell' alba nella base Loran di Lampedusa che ospita un centinaio di donne extracomunitarie che erano state trasferite nell'ex base militare per il sovraffollamento del centro principale che attualmente ospita oltre 1.200 clandestini. Ci sono state scene di panico e di paura, alcune clandestine hanno tentato di fuggire, anche se, allo stato, non sembra ci siano dei feriti.

La base Loran, secondo quanto denunciato dal consiglio comunale di Lampedusa, sarebbe illegale perché non avrebbe i certificati di agibilità ed antincendio e quindi non potrebbe ospitare persone. Senza certificato antincendio sarebbe anche il centro principale di Prima accoglienza e il consiglio comunale si riunirà in via d'urgenza per tentare di risolvere questi problemi.
Intanto l'ondata degli sbarchi non accenna a fermarsi. Ieri a Pozzallo (Siracusa) sono sbarcati 230 extracomunitari, quasi tutti eritrei, somali e nordafricani mentre un altro barcone con oltre 300 clandestini è approdato nell' Isola di Malta dove i centri di accoglienza "scoppiano".
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