ORARI DI APERTURA

Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono in via Urbino, 18 - Ancona. Per appuntamenti o informazioni potete conotattarci scrivendo a ambasciata@glomeda.org

Ancona. L’indegno smistamento dei migranti nei capannoni del porto.


Da giorni giravano notizie sull’eventualità che alcune navi avrebbero potuto sbarcare profughi e migranti al porto di Ancona, e che per tale eventualità sarebbe stato utilizzato un capannone della ex Tubimar (azienda fallita ed ora proprietà della Autorità Portuale).
Oggi un quotidiano locale ha confermato le indiscrezioni, come spesso accade in queste occasioni e ogni volta che si parla di flussi migratori le inesattezze riportate sono più di una. Tutto parte da una fantomatica segnalazione dei servizi segreti in cui si ipotizza l’arrivo di una nave carica di migranti nel porto dorico. Conseguentemente la prefettura pensa di non farsi trovare impreparata allestendo un centro di smistamento per un massimo di 36/48 ore nei capannoni della ex Tubimar, la stessa prefettura ci tiene a sottolineare che non si tratta di un centro di accoglienza.


E’ chiaro dalla terminologia usata, e dalla nostra esperienza, che si sta dicendo una mezza verità, per nascondere il piano vero. Per capire cosa c’è dietro tutto questo va chiarita la situazione attuale dei flussi migratori che stanno attraversando l’Italia e il sistema che il ministero dell’interno attraverso le prefetture ha messo in piedi e di come questi flussi coinvolgono Ancona.
Come tutti sanno da mesi ci sono ripetuti sbarchi nel canale di Sicilia dove è attiva l’operazione della marina militare italiana denominata “Mare Nostrum”. Non più solo Lampedusa tantissime città siciliane sono il porto di approdo delle navi cariche di migranti. Pozzallo, Catania, Augusta, Messina e Palermo solo per citarne alcune. Nonostante il ministero dell’interno fosse a conoscenza con largo anticipo degli sbarchi che sarebbero avvenuti in conseguenza della crisi libica, non è riuscito a predisporre un sistema di accoglienza decente ed il numero degli arrivi ha fatto di fatto collassare tutti i centri di prima accoglienza, tanto che ora altri porti della penisola sono stati scelti dalla marina militare per alleggerire le strutture siciliane (Reggio Calabria e Taranto per esempio).
Come denunciato da tantissime associazioni la stragrande maggioranza dei questi centri di prima accoglienza sono inadeguati, spesso e volentieri protagonisti di vicende legate allo sfruttamento e al business dell’accoglienza.

E’ norma, oramai da tempo, che il ministero suddivida i migranti ospitati nei centri di prima accoglienza siciliani per diverse città della penisola con pullman e aerei, poi in alcune città cardine (una di queste è Ancona) vengono “smistati” nei vari centri di accoglienza allestiti per l’”emergenza”. Molti di queste donne, uomini e bambini arrivano in condizione precarie vittime della traversata e dell’accoglienza indegna che non è riuscita in alcuni casi nemmeno a procurargli un paio di scarpe. Ma essendo sostanzialmente lo smistamento una operazione poliziesca la prima preoccupazione non è sincerarsi dei bisogni dei migranti e dei loro progetti di vita quanto identificarli e prenderne le impronte digitali.
Ecco perché si parla di smistamento nel comunicato della prefettura e non di accoglienza, non arriverà nessuna nave. L’unica ipotesi in cui potesse arrivare una nave sarebbe quella che la marina militare decida di approdare nel porto di Ancona con dei migranti provenienti dal canale di Sicilia, ma in quel caso vorrebbe dire tenerli a bordo per diversi giorni e sottrarre una unità operativa a “mare nostrum”.
Dalla Grecia e dell’Albania? l’analisi degli attuali flussi rendono impossibile anche questa ipotesi, queste frontiere sono oramai “normalizzate” e non è pensabile un arrivo numeroso nelle modalità in cui avviene nel canale di Sicilia. I modi di arrivo e riammissione li conosciamo bene e avvengono tutti con le navi traghetto che collegano Ancona e la Grecia.
Riteniamo sia indegno e pericoloso ospitare i migranti all’interno dei capannoni della ex tubimar, indegno perché nei capannoni ci stanno le merci e non le persone, pericoloso perché troppo spesso queste ipotesi si trasformano in strutture detentive. Crediamo che la città debba munirsi di strutture dignitose rivolte all’accoglienza, in cui i migranti possano accedere o andarsene in totale libertà, nelle quali vi sia la possibilità di proseguire il proprio progetto di vita e si possa essere aiutati nella scelta migliore. In città ci sono numerose scuole ed edifici vuoti che potrebbero essere facilmente utilizzati a tali fini. Ma appunto sono le finalità che si devono chiarire bene, la parola accoglienza non è sinonimo di identificazione e segregazione ma al contrario di apertura e speranza.
Le persone non si smistano si accolgono.

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Ancona - Il nostro #3ottobre Stop accordo di riammissione Italia Grecia

Ad un anno dalla strage di Lampedusa iniziativa dell’Ambasciata dei Diritti al consolato greco

Il 3 ottobre ricorre l’anniversario della strage in mare a Lampedusa, quando 368 donne, uomini e bambini persero la vita. Ma quella tragedia non ha insegnato nulla all’Unione europea, che continua ad ignorare quello che accade e anzi continua ad erigere muri sempre più alti. Ce lo dicono tutti i naufragi che si sono susseguiti in questi mesi: al 3 ottobre è seguito l’11 ottobre dello stesso anno, e poi, nel 2014, il 19 febbraio, il 12 maggio, il 30 giugno, il 19 luglio, il 2 e il 28 agosto, tutte date in cui si sono contati i morti in mare; fino agli 800 morti nelle acque libiche e maltesi nella sola seconda settimana di settembre.
Abbiamo voluto vivere il 3 ottobre nei nostri territori, perché anche ad Ancona chi scappa dai paesi di guerra rischia la vita durante i viaggi dentro i tir imbarcati nei traghetti che viaggiano dalla Grecia all’Italia e arrivano nei porti dell’Adriatico.
Siamo entrati al consolato greco al porto di Ancona per incontrare il console onorario che ha inviato all’Ambasciata greca a Roma la nostra richiesta di sospendere l’accordo italia-grecia sulle riammissioni dei richiedenti asilo in Grecia.
Incontrati i responsabili delle compagnie Minoan, Anek Lines e Superfast presenti alle biglietterie del porto per denunciare la loro complicità nelle riammissioni.
La prossima settimana incontro con il console, si prevede anche la partecipazione dei responsabili dell’ufficio regionale del garante dei minori delle Marche, per chiedere la sospensione dell’accordo tra i due paesi.
Dopo il percorso collettivo dal basso che ci ha portato alla scrittura della Carta di Lampedusa, chiediamo che vi siano più percorsi sicuri e riconosciuti verso l’Europa a disposizione di chi fugge dai conflitti e dalla persecuzione.
Questo può essere fatto attraverso l’apertura di un canale umanitario, l’agevolazione dei ricongiungimenti familiari, mediante una revisione dei regolamenti di Dublino riguardanti la gestione delle domande d’asilo nell’Unione europea e per quanto riguarda il porto di Ancona e gli altri porti dell’Adriatico, con la fine dell’accordo Italia-Grecia per la riammissione verso la Grecia.
Oggi la questione dell’asilo e della “libertà di costruzione e di realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento”, come scritto nella Carta di Lampedusa, assume un ruolo fondamentale, diventa la sfida per eccellenza alle frontiere, alle sovranità, alle cittadinanze, agli stessi diritti umani.
Le prime rivendicazioni che vogliamo portare avanti sono:
L’abolizione immediata del sistema dei visti d’ingresso e l’istituzione di un diritto di asilo senza confini, che sopprima definitivamente la logica del Regolamento Dublino in tutte le sue versioni, permettendo la reale libertà di movimento di chi chiede protezione internazionale in Europa e garantendone il diritto di restare dove sceglie.
La costruzione immediata di percorsi di arrivo garantito che portino le persone in salvo direttamente dalle zone dei conflitti o immediatamente limitrofe ad esse fino all’Europa, mettendo a tacere ogni ipotesi di esternalizzazione dell’asilo politico nei cosiddetti “paesi di transito” extra Ue, come la Libia, l’Egitto, o la Tunisia, oggi più che mai incapaci di offrire i minimi standard di tutela dei diritti dei migranti.
La diffusione di un’accoglienza degna, che rispetti le vite e i desideri degli uomini e delle donne che arrivano in Europa e si sostituisca interamente alla logica dell’emergenza e della speculazione sull’emergenza. Che non discrimini chi entra in Italia arrivando dal Nord Africa o dalla Grecia: i migranti arrivano dagli stessi paesi di guerra e devono avere tutti il diritto di poter chiedere asilo, anche al porto di Ancona senza essere rimandati in Grecia
La fine dell’accordo Italia-Grecia che prevede la riammissione dei migranti verso i porti greci sullo stesso traghetto con cui sono arrivati ad Ancona, che rende ancora più difficoltose le pratiche per la richiesta di asilo. Più i conflitti si inaspriscono e si diffondono, più le persone fuggono e muoiono.
Più le politiche migratorie europee impediscono ai migranti di attraversare le frontiere senza rischiare la vita, più si rendono complici della morte di queste decine di migliaia di vittime di guerra.
Noi diciamo che un’altra Europa senza frontiere è possibile e la stiamo costruendo dal basso.
Ambasciata dei Diritti
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Fermare le bombe su Gaza LEVIAMO LE NOSTRE VOCI CONTRO IL CRIMINE DEL SILENZIO!! DENUNCIAMO LE COMPLICITA’ ITALIANE CON L’ECONOMIA DI GUERRA ISRAELIANA!! Settimane fa, Israele ha preso a pretesto la scomparsa e l’uccisione di tre giovani coloni israeliani a Hebron per punire Hamas e rompere il nuovo governo di unità palestinese. Per giorni le forze armate israeliane hanno imperversato in tutta la Cisgiordania occupata con rastrellamenti, arresti indiscriminati e uccisioni di civili in una campagna di punizione collettiva ingannevolmente presentata al mondo come una missione di salvataggio. Ora Israele ha lanciato una vasta azione di bombardamento sulla Striscia di Gaza, che dal 2006 è strangolata da un embargo criminale. Quella che è stata presentata come un’operazione militare volta a colpire obiettivi terroristici si è prontamente rivelata, secondo un copione già visto, nel massacro generalizzato di civili palestinesi e nella distruzione sistematica delle infrastrutture civili della Striscia di Gaza. L’ Ambasciata dei diritti di Ancona e la Campagna Palestina Solidarietà Marche esorta tutte le associazioni, le realtà sociali e politiche e tutti gli uomini di coscienza solidali con il popolo palestinese e con tutti i popoli oppressi ad aderire ad una giornata di mobilitazione regionale contro l’ennesima aggressione israeliana. Invitiamo tutti a partecipare ad un presidio davanti alla sede RAI di Ancona (Scalo Vittorio Emanuele, 1) per denunciare l’uso distorto delle notizie dei principali media tradizionali italiani, vergognosamente allineati sulle posizioni israeliane. Le informazioni, costruite in maniera tendenziosa, portano il consumatore di notizie poco informato a credere come sia Hamas, o i palestinesi, che stanno attaccando Israele, e non viceversa. Il contesto generale, vale a dire il sistema israeliano di occupazione, colonialismo e apartheid imposto da decenni sui palestinesi è completamente omesso dal quadro. Ma la narrazione dei media riflette precisi interessi politici ed economici: l’Italia rappresenta infatti il quarto partner commerciale mondiale di Israele e il maggiore fornitore di sistemi militari dell’Unione europea. Proprio qualche giorno fa, mentre erano in corso le incursioni aeree israeliani su Gaza, Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica ha consegnato alle forze armate israeliane i primi due aerei addestratori M-346. L’operazione israeliana “Margine protettivo” non ha l’obiettivo di distruggere Hamas, o di fermare il lancio di razzi verso Israele. L’utilizzo di armi letali ad alta tecnologia su un fazzoletto di terra tra i più densamente popolati al mondo e su una popolazione civile largamente indifesa e disarmata rappresenta solo una tappa del progetto israeliano di pulizia etnica dei palestinesi. . Come ha affermato Zaid Shuaibi, portavoce del Comitato Palestinese per il boicottaggio di Israele (BDS): “Le attuali azioni israeliane sono finalizzate a terrorizzare i palestinesi e costituiscono una punizione collettiva. La violenza militare, la punizione collettiva e la deliberata presa di mira dei civili sono fattori endemici del decennale sistema di occupazione, colonizzazione ed apartheid israeliano.” "Israele è in grado di agire con impunità assoluta a causa del sostegno militare, economico e politico che riceve dai governi di tutto il mondo. Chiediamo ai governi di imporre immediatamente un embargo bilaterale sulle armi e di sospendere gli accordi bilaterali fino a quando Israele non sarà pienamente conforme al diritto internazionale " Continua...

WELCOME, NOTTE BLU PER UN PORTO APERTO


Il 21 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, l’Ambasciata dei Diritti sarà al porto di Ancona con “Welcome, notte blu per un porto aperto”.
L’ennesima “emergenza immigrazione”, con migliaia di persone in fuga da guerre e violenze in approdo sulle coste adriatiche, porta con sé, come sempre, tutto il suo corollario di violazioni, prassi illegittime, deroghe ai diritti, ipocrisie e speculazioni.

Vogliamo portare dentro il porto, luogo simbolo di confinamento della libertà di movimento, il vero volto delle politiche migratorie: la questione dell'accoglienza e della militarizzazione dei territori.

Chi arriva al porto di Ancona nascosto in un tir con un traghetto dalla Grecia oggi fugge da violenze e persecuzioni. Per questo rivendichiamo la necessità di, sospendere l’accordo bilaterale Italia-Grecia per le riammissioni sui traghetti.

L’unica scelta tempestiva che è possibile fare per evitare le morti in mare e la speculazione dei trafficanti, lo stiamo dicendo da mesi come tante altre realtà di movimento,  è la costruzione di percorsi di arrivo autorizzati e sicuri in Europa. Di fronte a questo le istituzioni europee e quelle nazionali tacciono.

Il 21 giugno saremo al porto per ribadire che nessun uomo e nessuna donna sono illegali, che tutti e tutte devono poter scegliere dove costruire il proprio progetto di vita, che nessuno deve trovarsi nella condizione di mettere a rischio la propria vita per scappare da guerre e persecuzioni.

Sarà una giornata di concerti, musica, teatro e burattini, organizzata insieme allo spazio autogestito La Cupa e con gli operatori del porto di Ancona.

Il programma della giornata:

ore 18.30 VIRUTA Y SUDOR -i burattinai dei beni comuni (Argentina) - presso Bitta, la Locanda del Porto;

ore 19.00 Khadim (Senegal) - WORKSHOP DANZE AFROENERGIA - presso Bar la Rotonda;

ore 19.00 RACCONTI DI RIFUGIATI a cura di giovani minori richiedenti asilo presso SPAZIO NOTTE BLU (banchina 14);

ore 19.30 APERITIVO CON TRIO JAZZ presso SPAZIO NOTTE BLU (banchina 14);

ore 20.00 CENA BLU "A-MARE I FRITTI E I SARDONCINI" presso Bitta, la Locanda del Porto, bar Manganelli;

ore 20.30 VIRUTA Y SUDOR -i burattinai dei beni comuni (Argentina) - presso SPAZIO NOTTE BLU (banchina 14);

ore 21.00 CENA BLU di PESCE presso Trattoria da Irma;

ore 22.00 REGGAE E DANCEHALL -dj Alpha e Dj Duke presso Bar la Rotonda;

ore 22.00 SPETTACOLO PERCUSSIONI E DANZE DAL SENEGAL presso SPAZIO NOTTE BLU (banchina 14);

ore 22.30 CARMEN CITY BAND concerto (Cantautorato Gipsy) presso Bar a Onda;

ore 00.00 DETROIT MAFIA SOUND SYSTEM FEAT. SONNY ALABAMA & TONY PALERMO - presso SPAZIO NOTTE BLU (banchina 14).


Noi condividiamo la nostra forza nell’organizzare un’iniziativa che abbiamo sempre immaginato come occasione per parlare alla città di libertà e fratellanza: legami che ci fanno capire e condividere la rabbia, la disperazione e i sogni di chi approda al porto per poter determinare come vivere la propria esistenza cercando di sfuggire a guerre, persecuzioni e povertà.
Oggi viviamo in tempi nei quali la presa di coscienza della necessità di un atteggiamento positivo verso la condivisione dei problemi e la loro comune soluzione è acuita dalle scelte su quelli che usiamo chiamare “beni comuni”.
Bhe il porto è il nostro bene comune, la nostra identità, la nostra storia. Abbiamo tantissima voglia di liberarlo dalle orribili reti che ci escludono dalla vista del mare. Quelle reti che segnano la linea di separazione tra chi è dentro e chi è fuori dall’Europa. Chi è fuori non ha garantiti i propri diritti. Chi è dentro, invece, si illude di averne ancora, di diritti. Tanto che l’illusione continua a crescere e a confondere: da qualche mese si crede che le reti verranno tolte e il porto verrà finalmente riaperto.
Quest’anno per non alimentare l’illusione, abbiamo deciso parlare di una città che accoglie, di storie di rifugiati e di aree pubbliche militarizzate. Insieme con i locali del porto abbiamo cercato di immaginare come costruire una notte blu al porto, una notte dal colore del mare, una notte dove intrecciare relazioni sociali e sentir raccontare storie e musiche di paesi che non sono poi così lontani.

Ambasciata dei Diritti Marche
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Presentazione della Carta di Lampedusa allo spazio Autogestito Grizzly di Fano


Venerdì 30 maggio saremo a Fano al nuovo Spazio Autogestito Grizzly di Fano per presentare la Carta di Lampedusa e le iniziative di movimento in piedi per la libertà di movimento. Continua...

STOP ALLE RIAMMISSIONI VERSO LA GRECIA

Ieri mattina si è determinata l’ennesima tragedia nel Mar Mediterraneo.  Circa 30 mila, dall’inizio dell’anno ad oggi, sono le persone giunte nel nostro paese in fuga da guerre e persecuzioni.
Ieri sera ad Ancona http://www.meltingpot.org/Ancona-ultima-ora-21-40-Circa-80-migranti-su.html#.U3IRKnaHMZ4 sono state trovate circa 80 persone sulla nave Minoan Lines proveniente dalla Grecia. Sono rimaste chiuse tutta la notte all’interno della nave e di queste solo 8 sono state accolte, due minori e sei richiedenti asilo. Le altre, pochi minti fa, alle ore 14, con la stessa nave su cui sono giunte al porto dorico, sono state riammesse in Grecia. Si tratta di giovani uomini, principalmente di nazionalità siriana, alcuni somali e palestinesi. Si tratta delle stesse persone che l’operazione Mare Nostrum salva nelle acque del Mediterraneo. Quelle stesse persone oggi sono state riammesse in Grecia dove il diritto d’asilo non è riconosciuto e la violenza indiscriminata contro i migranti è ben nota a tutti.

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Feriti e Fuggiaschi al porto di Ancona: Emergenza Accoglienza in Adriatico

Circa 80 migranti su due camion, di cittadinanza siriana e qualche somalo, hanno tentato di eludere i controlli della dogana durante le operazioni di sbarco della minoan lines, proveniente dalla Grecia.
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In fuga dal sistema di accoglienza italiano... migranti come merce.

 Sono scappati tutti i migranti provenienti da Lampedusa che erano destinati ad essere accolti ad Ancona su richiesta del Ministero dell'Interno. Ieri infatti circa cinquanta migranti su richiesta del prefetto di Ancona erano stati accompagnati ad un “tetto per tutti” scortati da un ingente spiegamento di forze dell'ordine. Erano in prevalenza donne con bambini, alcuni con gravi lesioni, sembra di provenienza eritrea. Verso le 22.00 approfittando del momentaneo allontanamento delle forze dell'ordine sono scappati con i bambini in braccio, abbandonando le poche cose che avevano pur di fuggire dall'Italia. E' noto infatti come la maggior parte dei migranti che approdano nel nostro paese intenda in realtà rifugiarsi nel nord Europa dove le condizioni di accoglienza e di tutela dei diritti sono molto più garantisti. L'episodio evidenzia inoltre come tutto l'apparato di accoglienza messo in piedi dal ministero dell'interno sia completamente fallimentare e percepito dai migranti per quello che effettivamente è, ovvero uno sfruttamento economico fatto sulla loro pelle che ha solo una funzione detentiva e non di inclusione sociale.
L'arrivo dei migranti era stato anticipato due giorni fa da una circolare (n.14100/27) in cui il ministero dell'interno informava i vari prefetti regionali e la pubblica sicurezza che “in questi ultimi giorni sono arrivate oltre 2.800 migranti che si vanno a sommare ai 1.049 già arrivati nei giorni precedenti. La circolare continua affermando la necessità, data l'emergenza, di suddividere i migranti per le varie città italiane (secondo un elenco allegato) che siano assegnati ai vincitori dei progetti SPRAR che nel 2014 sono stati ampliati a 19.000 posti contro il 9.400 degli anni precedenti.”
Nell'elenco allegato figurano 74 città a cui verranno assegnati un totale di 3700 migranti, ad esempio nelle marche sono previsti 50 posti ad Ancona, 50 ad Ascoli Piceno e 60 a Pesaro.
Ecco spiegato il numero dei migranti giunti ad Ancona,
Il 19 marzo un altra circolare del Ministero dell'interno (praticamente identica tranne che nei numeri) distribuiva 2290 migranti per tutte le regioni italiane.
Fin qui sembrerebbe una normalissima procedura di accoglienza, tutto sommato condivisibile, poiché tende ad accogliere tutti ed a suddividere i migranti per impedire situazioni di concentramento che peserebbero troppo su un unico luogo.
Ma per decifrare bene questi numeri va letta bene l'ennesima circolare dell' otto gennaio 2014, con la quale il ministero dell'interno pianifica il business legato agli sbarchi. Viene infatti deliberato che per il triennio 2014/2016 le strutture di accoglienza dovranno ospitare 21.000 posti. (oltre agli SPRAR sono conteggiati anche i CARA ). La circolare sottolinea inoltre che si dovrebbero evitare strutture alberghiere e comunque con una capienza oltre le 100 persone, nota evidentemente aggiunta a seguito dello scandalo legato all'emergenza nord Africa. Ma l'aspetto più interessante è la monetizzazione del migrante infatti per ogni persona è previsto un costo giornaliero di 32, 50 € (2,5€ al giorno vanno direttamente al migrante sotto la voce pocket money), facendo delle semplici moltiplicazioni si ottiene che in tre anni verranno spesi per questo sistema di accoglienza 747.337.500 milioni di euro. Una cifra enorme ma che è solo la fine della catena legata al business dell'accoglienza.
Qualcuno potrebbe facilmente sostenere che, comunque sia, l'Italia investendo queste risorse dà una risposta efficace all'emergenza legata all'immigrazione, ma approfondendo un po' più lo sguardo i nodi vengono al pettine. I progetti SPRAR non sono ancora del tutto attivati, ed in sostituzione di essi si improvvisano situazioni di accoglienza legittimate dalle innumerevoli circolari ministeriali che periodicamente annunciano l'ennesima emergenza, ecco che tornano gli alberghi come il cara di Arcevia (an) dove i migranti vengono parcheggiati per periodi più o meno lunghi con il solo risultato di incassare i 30 euro giornalieri dando in cambia nessuna prospettiva per il futuro. Gli stessi progetti SPRAR possono essere più o meno buoni, e comunque resta il limite dell'accoglienza a tempo non legata ad effettivi percorsi personali di inclusione sociale. Ma dicevamo che l'accoglienza è solo l'ultimo anello della catena degli affari legati agli sbarchi, infatti ai 740 milioni in tre anni destinati alle strutture di accoglienza vanno sommati i 360 milioni spesi per mare nostrum (fonte sole 24 ore che stima un costo di 10 milioni al mese) e altre decine di milioni di euro finanziate dalla comunità europea e fagocitate dai soliti intrallazzi clamoroso il caso di “Connecting People la capofila di una rete di associazioni che hanno scalato le graduatorie del ministero e si sono aggiudicate per ben due volte un milione e mezzo di euro per uno studio intitolato “Nautilus” sulle prospettive dei rifugiati politici in Italia. “ (l'Espresso).

Più si va a fondo più i conti non tornano, non tornano sopratutto perché sono fatti sulla pelle dei migranti e la dove lo stato non riesce a dare una risposta appropriata crea interesse economico. Ci sono migranti che valgono 30 euro al giorno ma ce ne sono altri che non valgono nulla e vanno rispediti al mittente.
Prendiamo il caso di due siriani che scappando dalla guerra cercano di approdare in Italia uno si imbarca in traghetto dalla Grecia, l'altro sale in un barcone dalla Tunisia o dalla Libia. Entrambi rischiano la vita poiché non essendo stato istituito un modo sicuro di arrivare, la loro sorte è legata agli scafisti, alle condizioni del mare e alle autorità italiane. Il siriano intercettato nel barcone vale 30 euro al giorno poiché rientra nell'operazione Mare Nostrum, perché al suo sbarco non troverà un accoglienza degna e perché il ministero dell'interno produrrà l'ennesima circolare per smistarlo in una struttura di accoglienza. Giustamente non può essere respinto poiché potenziale richiedente asilo conseguentemente necessità del tempo adatto per essere ascoltato e per verificare se rientri nei termini di legge per essere accolto.
L'altro siriano nascosto in un doppio fondo di un camion approda al porto di Ancona con altri sedici connazionali, (caso veramente accaduto giorni fa) ma lui non vale niente, seppur sia un potenziale richiedente asilo (visto che viene da un paese in guerra) viene riammesso in Grecia nel giro di poche ore nella stessa nave che lo ha “portato” in Italia.
L'interesse economico supera il testo unico sull'immigrazione e gli accordi internazionali, se vali qualcosa hai una speranza altrimenti no.
Ma Grecia ed Italia fiutato l'affare si stanno già accordando per creare anche nell'adriatico una task force stile Mare nostrum, infatti i ministeri dei due paesi hanno già tessuto la trama che verrà realizzata nei semestri europei 2014 a guida Grecia-Italia.
Ma al di là di tutti i calcoli la vicenda di Ancona dimostra che l'istinto vince sempre e quando ti senti braccato la fuga rappresenta la soluzione migliore...evviva le mamme in fuga che cercano la libertà.
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Sullo sgombero di Casa de nialtri, ex asilo di via Ragusa

 
5 / 2 / 2014

L’atto di forza del Comune di Ancona e delle forze dell’ordine per lo sgombero dell’occupazione pacifica dell’ex asilo di via Ragusa è inaccettabile. Lo spiegamento di poliziotti in tenuta antisommossa, ha nascosto agli occhi di chi vive al Piano il trasferimento forzato degli occupanti, migranti e senza tetto, che avevano occupato lo stabile abbandonato.
 
La giunta Mancinelli è responsabile dell’utilizzo della forza nella soluzione di un problema non di ordine pubblico, ma sociale: la politica istituzionale ha dimostrato di essere incapace di accettare, riconoscere e ascoltare soluzioni politiche nuove che potessero rispondere in modo autogestito a povertà ed emarginazione.
 
L’occupazione di via Ragusa va interpretata come un atto di resistenza degli occupanti a condizioni di vita insostenibili: è stato un modo collettivo per resistere a quelle politiche tese a creare divisione, discriminazione, sfruttamento e precarietà degli esseri umani, e che generano diseguaglianza e disparità. Agli occupanti va riconosciuto di aver conquistato una fetta di libertà: sono passati dall’essere invisibili ad esistere. 
 
Con lo sgombero di oggi si cerca di cancellare questa storia, di riportare i poveri e i migranti in quello stato di invisibilità per riprodurre quell’effimera condizione di sicurezza portata avanti solo con la scusa dell’ordine pubblico, delle telecamere, dei militari per le strade della città, con la militarizzazione del porto.
 
Responsabili e complici dello sgombero vanno tutti condannati.
Dal sindaco alla giunta, che hanno fatto diventare Ancona una città in cui si chiamano i poliziotti per risolvere problemi sociali.
 
Da chi ha dato l’ordine di intervenire all’alba chiudendo il quartiere e facendo tornare alla memoria le deportazioni, non serve tornare alla seconda guerra mondiale, basta ricordare quelle più recenti della ex Juguslavia.

Noi dal basso ancora una volta siamo per la libertà di resistere.

Ambasciata dei Diritti Marche
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Il viaggio costituente dal basso

Il 30 gennaio siamo partiti da Ancona la mattina molto presto, ma ce l’abbiamo fatta ad arrivare alle 15.30 a Lampedusa; il vento violento ci ha fatto atterrare nonostante le condizioni di burrasca e di pioggia intensa. Questo viaggio aereo, ci ha dato subito idea di come la vita a Lampedusa, faccia sempre i conti con le leggi del mare e del vento.



I lampedusani con cui abbiamo bevuto un caffè, un bicchiere di vino, nel cui ristorante siamo andati a cena, o che abbiamo incontrato lungo via Roma, ci hanno raccontato che a Lampedusa non si nasce e non si muore. Perché il piccolo poliambulatorio del paese non ha neanche un servizio ostetrico quindi c’è da sperare di aver bisogno di andar all’ospedale di Palermo in una giornata con poco vento con aerei che decollano e atterrano, altrimenti a Lampedusa non si ha diritto di partorire e nemmeno di star male.
Gli unici a morire sull’isola, dicono, sono i migranti.
E dicono anche che a scuola i bambini e i ragazzi, dalle elementari alle superiori vanno a lezione a turni, alcuni la mattina altri il pomeriggio, perché di soldi per sistemare la scuola non ce ne sono e le aule non sono sufficienti per tutti.
Anche per ragioni come queste, i lampedusani non vogliono che il centro di accoglienza sia aperto e che ad esso vengano destinati soldi pubblici.
I lampedusani sono gente di mare e nessuno di loro si sente illegale per aver salvato in quei terribili giorni di ottobre le persone che stavano annegando, averle ospitate in casa propria dandogli da mangiare e bere. Loro a mala pena lo sanno che cos’è il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Sono accoglienti, e lo rivendicano. E quando gli diciamo che siamo d’accordo, che il centro di accoglienza deve chiudere, fanno marcia indietro e ci dicono che in fondo è meglio che il centro ci sia e che i migrati arrivino a Lampedusa perché “almeno loro gli vogliono bene, non come a Mineo che non si sa che fine fanno”.
Siamo andati a Lampedusa per questo. Avevamo appuntamento con decine di associazioni, movimenti, singoli, sindacati, giuristi, gruppi laici e religiosi, da tutta Italia ed Europa, ma avevamo anche l’obiettivo di incontrare chi quest’isola la vive e ai quali è giusto restituirla, nella sua bellezza naturale e con i suoi diritti civili. Ci ha dato forza l’incontro con loro, prima e durante le assemblee di venerdì, sabato e domenica. Ci ha dato la forza per riaffermare ancora una volta che nessun luogo, né Lampedusa né altri vanno relegati a luoghi simbolo del dramma migratorio ad area di frontiera militarizzata. Ci ha dato la forza per riaffermare che per il riconoscimento dei diritti c’è bisogno di un movimento che coinvolga tutto e tutti nei percorsi di costruzione di nuovi diritti e di lotte per la loro conquista.
A Lampedusa va tolta cittadinanza alla detenzione dei migranti e a viaggi disumani per renderla una città educante, curante e accogliente non solo con i migranti, ma anche con quel turismo che a quest’isola dà da mangiare.
Sono stati giorni bellissimi, di conoscenza e scambio, di fatica e soddisfazione, di stanchezza ed entusiasmo, ed ora si riparte ognuno dal proprio territorio, con in mente la gioia di veder su via Roma, centro dell’isola, non solo polizia e militari, ma anche tutti quanti noi parlare con i lampedusani e portare a termine un grande lavoro politico – la Carta di Lampedusa – da cui (ri)partire per immaginare uno spazio EuroMediterraneo diverso per tutti.

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INIZIANO LE GIORNATE DELLA CARTA DI LAMPEDUSA

L’Ambasciata dei Diritti il 31 gennaio, l’1 e il 2 febbraio 2014 sarà a Lampedusa per scrivere la Carta di Lampedusa, e affermare dei principi che tutelano la libertà e i diritti di tutte le persone, a partire dal fatto che nessun essere umano deve più essere sottoposto a violenze e detenzioni arbitrarie, né tanto meno rischiare la propria vita, solo perché ha voluto o dovuto lasciare il proprio paese per raggiungerne un altro.

L’Ambasciata dei Diritti fa parte del gruppo di associazioni, movimenti, singoli, e sindacati, giuristi, gruppi laici e religiosi provenienti da tante parti d’Italia e da diversi paesi europei e nordafricani.

Questa tre giorni è il primo risultato della proposta lanciata all'indomani della strage del 3 ottobre è già stato raggiunto: la costruzione di un percorso comune. Infatti una bozza della Carta è stata scritta nelle ultime settimane con modalità che ha messo al centro la partecipazione dal basso, ma dove i punti centrali condivisi da tutti sono stati la libertà di circolazione, la chiusura delle strutture di detenzione per i migranti. Il percorso iniziato con la stesura della carta e che continuerà con iniziative dirette per il rispetto dei principi hanno dimostrato che è possibile immaginare percorsi di coalizione, di prospettiva che dal basso disegnino un'altra idea dello spazio euromediterraneo fatta di diritti e dignità.

Vogliamo porre le basi per la costruzione di una nuova Europa e di un Mediterraneo di pace, in cui non ci sia spazio per la militarizzazione, e in cui Lampedusa sia liberata dal ruolo che i governi italiani di qualsiasi colore politico, nonché l’Unione europea, le hanno imposto per troppo tempo: quello di confine e di frontiera.

Si parlerà anche del porto di Ancona, che più degli altri porti dell’Adriatico, è stato militarizzato e isolato con le barriere e le reti previste da un piano security immotivato dalla realtà storica dello scalo dorico, facendolo divenire un’area di frontiera dell’Unione europea dove le merci hanno la possibilità di circolare, mentre le persone vengono bloccate impedendone la libertà di movimento.

Sabato alla sede dell’Ambasciata dei diritti in via Urbino 18 ad Ancona ci sarà un’incontro pubblico per non stop dalle 10 della mattina per seguire i lavori.

Ambasciata dei Diritti Marche
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