L’appello di convocazione dei comitati cittadini di Falconara Marittima
#fermiamoilDisastroambientale
Sabato 27 gennaio, 15.30 – Piazza Mazzini, Falconara
L’11 aprile 2018 per settimane migliaia di persone
furono lasciate esposte ad esalazioni incontrollate di benzene ed altre
sostanze inquinanti a seguito della fuoriuscita di 15 mila metri cubi di
petrolio greggio, dovuta all’inclinazione del tetto galleggiante di uno
dei più grandi serbatoi d’Europa, il TK-61 dell’Api. Nel maggio
successivo, nonostante le tantissime manifestazioni di protesta e
denuncia, ad ogni livello istituzionale, da quello governativo e
ministeriale agli enti regionali e locali, tutte le forze politiche si
resero responsabili del rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale
della Raffineria di Falconara.
A distanza di ben cinque anni da quegli eventi si
apre oggi l’ennesimo processo verso Raffineria Api, che non riguarda
però solo un evento specifico, un incidente più o meno rilevante, come
spesso accaduto nel passato recente e non, ma una condizione di
eccezionalità diventata norma, fino a rappresentare la quotidiana
condanna per questo territorio, a suon di esalazioni e sversamenti.
L’indagine Oro Nero mette in luce come il modus operandi di fatto e il ciclo produttivo stesso del petrolchimico,
votati costi quel che costi alla massimizzazione del profitto, con il
complice immobilismo e lo speculare sostegno dell’establishment politico
e amministrativo, siano accusati e responsabili del disastro ambientale in atto. Agli acronimi quasi indecifrabili dei SIN (sito di interesse nazionale dal bonificare) o AERCA (area ad elevato rischio di crisi ambientale)
che siamo stati costretti a conoscere negli anni, ora si impone una
terminologia chiara e netta, oltre ogni ragionevole dubbio e
compromesso.
Disastro ambientale prelude ad uno scenario di
alterazione quasi irreversibile dell’ecosistema di un territorio
rilevante ed esteso, per numero di persone esposte al rischio sanitario e
per entità della contaminazione delle acque marine e di falda,
dell’aria, del suolo e del sottosuolo. Abbiamo anche
sperimentato sulla nostra pelle come il degrado ambientale si riverbera
in degrado culturale, sociale, economico, che corrompono le fondamenta
delle nostre comunità.
Tutto questo è in linea con il doppiogiochismo dei sempre più rituali vertici globali,
dove si addita alle conseguenze catastrofiche della crisi climatica, ma
si ritarda a tempi sempre più procrastinati e indefiniti l’uscita dal
fossile e la transizione ecologica, e con le politiche dei governi che,
sbandierando la crisi energetica di turno, riempiono di soldi pubblici
le multinazionali dell’oil and gas, smantellano le poche tutele rimaste e
rilanciano la follia del nucleare come soluzione della crisi climatica e
ambientale.
Ma i tanti territori in cammino e in rete possono ancora invertire la rotta,
se dalla verità storica, giudiziaria, politica, e da quella inscritta
nelle nostre coscienze, sapremo ricomporre un movimento popolare che
pratichi proposte concrete per condurci fuori e oltre il disastro
ambientale.
Quegli impianti vanno fermati ora.
La dismissione della Raffineria deve essere compensata da un
piano di risarcimento, bonifica e monitoraggio sanitario, che produca
posti di lavoro nel e per il territorio, che significhi riqualificazione
delle sue aree dismesse e conversione economica verso nuove fonti
energetiche rinnovabili e pulite.
L’unica transizione ecologica possibile dovrà essere popolare, se risponde ai bisogni immediati e comuni, economica, quando rilancia le potenzialità dei luoghi e detta un cambio di sistema, partecipata, perchè nasce nella pratica dei presidi e delle assemblee, dei comitati e dei movimenti.
#fermiamoilDisastroambientale
Laboratorio Falkatraz
Comitato Mal’aria
Associazione Ondaverde
Campagna ‘Per il clima, fuori dal fossile’
Continua...